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Il mensile on -line

Data 22/10/2007
 

Parole sante contro il lavoro precario

di Italo Mastrangeli

 

ROMA – La questione del precariato nel lavoro ha toccato la sensibilità delle alte sfere vaticane. Da Pisa e Pistoia, dove si è svolta la “Settimana sociale della Cei”, è giunto infatti un messaggio del Papa volto a sensibilizzare il mondo cattolico, e non solo, sul tema della precarietà giovanile, in particolare nel  mondo del lavoro.

 “Il lavoro - ha affermato Benedetto XVI - è collocabile tra le emergenze etiche e sociali in grado di minare la stabilità della società e di compromettere seriamente il suo futuro”. Un’emergenza che secondo il Santo Padre non è di natura squisitamente economica, ma anche etica e sociale, che investe la dignità dei lavoratori e che preclude a molte coppie la possibilità di formare una nuova famiglia, nucleo essenziale, nel pensiero cattolico, di una società sana. “Il precariato – ha precisato il Pontefice - non permette ai giovani di costruire una famiglia e così lo sviluppo autentico e completo della società rischia seriamente di essere compromesso”. Il Papa ha inoltre esortato tutto il mondo cattolico a fare la sua parte e monsignor Bagnasco, presidente Cei, ha espresso il desiderio che si giunga presto ad un nuovo “patto generazionale” tra le forze politiche, culturali ed economiche del paese - che hanno accettato di essere subalterne alla globalizzazione e al mercato - e i lavoratori precari, anello debole della catena.

Insomma, parole sacrosante e che sono arrivate due giorni prima della grande manifestazione indetta dalla sinistra radicale proprio sul tema della precarietà, tenutasi sabato 20 ottobre a Roma. Ma il tema del lavoro precario non basta a spiegare le difficoltà dei lavoratori in Italia. Agli occhi dell’Europa più sviluppata sembreremmo dei “bamboccioni”, come un ministro della Repubblica italiana ha definito i giovani lavoratori che ancora vivono con i propri genitori, mentre la situazione reale è molto più complicata. Infatti, accanto all’insicurezza materiale e sociale del precariato, un problema fondamentale è relativo al livello salariale, praticamente fermo dagli Anni ’80. I salari sono troppo bassi, mentre il costo della vita è sempre più caro. Per questo il governatore della Banca d’Italia ha lanciato in questi giorni l’allarme. “I salari devono crescere”, ha detto. Un appello insolito, hanno scritto alcuni columnist nazionali, visto che solitamente i governatori della Banca italiana si sono storicamente prodigati per tenere a freno i livelli inflazionistici piuttosto che attuare politiche economiche che spingano verso un rialzo dei tassi. Mosso più da motivi economico-finanziari, ovvero la necessità di aumentare la domanda interna come motore per velocizzare la ripresa economica e lo sviluppo commerciale delle imprese, piuttosto che da una sensibilità verso il cittadino privato dei bisogni primari, Draghi ha comunque evidenziato uno dei noccioli della questione: i mutui salgono, così come la benzina, perfino i generi alimentari (pasta +10%, latte +6% secondo l’Istat) e la gente è sempre più indebitata. Così il sistema crolla. Precarietà del lavoro e delle reti di protezione sociale, bassi livelli salariali e indebitamento collettivo imperante, non permettono alla democrazia il suo sviluppo e gettano sulla Penisola l’ombra di una degenerazione imperante. È ora di metterci un freno. Non solo per il benessere collettivo, ma per difendere quel poco di dignità che ancora abbiamo.

   
 
   
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