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Architecture in Helsinki Live at Ypsigrock 2007 – Castelbuono (PA) di Antonio Recupero
Il 12 Agosto è stato uno degli ultimi giorni vivibili di questa estate, prima che l’ondata di caldo africano si abbattesse su mezza Italia e rendesse la costa tirrenica siciliana una fornace pronta ad accendersi e bruciare. E’ la serata ideale per cercare un po’ di frescura in montagna, su quei paesi collinari caratteristici della provincia di Palermo. Castelbuono è lì, a due passi da Cefalù, abbarbicata su quello che un tempo si chiamava monte Ypsigro. Nata e cresciuta intorno al castello che la domina, la cittadina di Castelbuono regala ai suoi visitatori dei magnifici scorci che definire “da cartolina” sarebbe riduttivo. E’ una delle tante perle incastonate in quel magnifico scoglio che è la Sicilia. Ma chi quella sera si fosse diretto a Castelbuono pensando di trovare un paesino di montagna caratteristico e un po’ abbioccato, ha senz’altro avuto una sorpresa: le strade piene di gente, locali dove mangiare e bere ottimamente e a prezzi modici, turisti, e tanta altra gente, giovane e meno giovane, a popolare il borgo, principalmente diretti verso il Castello dei Ventimiglia, dove si sarebbe tenuta l’ultima serata di Ypsigrock 2007, il festival che da alcuni anni a questa parte porta il meglio della scena indie rock internazionale ad allietare un pubblico proveniente da tutta la Sicilia e non solo. La chiusura del festival è stata lasciata all’unica data italiana del tour degli “Architecture in Helsinki”, band australiana che tutta la critica mondiale cerca, impietosamente e stupidamente, di inquadrare in un genere, coniando termini come “psycho rock alternative” o “psychedelic pop”. Ma le etichette, come dimostrato nel corso della serata, non si addicono a questo gruppo. Lo spettacolo ha inizio alle 22 circa, con quaranta minuti introduttivi offerti dalla band palermitana Waines, selezionata durante il concorso locale “Avanti il prossimo 2007”. Il rock del complesso siculo è originale, energico, scanzonato, e il gruppo ha un carisma che si afferma anche al di fuori delle esecuzioni musicali, grazie ad un dialogo da pari a pari con un pubblico di circa 5000 persone, appollaiate fin sopra i muretti della scalinata del castello. Sicuramente i palchi siciliani non saranno i soli a vederli suonare, nei prossimi tempi. Ma alle 23 inizia il delirio, quando, dopo un rapido cambio palco, i lugubri rintocchi di una campana che si riconosce fare da intro a “In case we die”, il primo disco degli Architecture, annuncia l’ingresso sul palco dei giovani musicisti australiani. I toni lugubri vengono abbandonati dopo pochi secondi, e per circa 90 minuti si susseguono i pezzi più vitali e coinvolgenti della band. La gente balla, si diverte, acclama dei musicisti che forse prima di quel giorno non aveva mai ascoltato. I pezzi del nuovo cd “Places like this” si alternano a quelli del precedente, in una girandola di suoni e voci. Più volte i componenti del gruppo si scambiano di posto alla voce e agli strumenti, rivelando una versatilità tecnica sorprendente. Le canzoni, orecchiabili nella loro originalità, vengono scandite in coro insieme al pubblico, e anche i goliardici tentativi di scambiare qualche parola in italiano e in dialetto siciliano aumentano il feeling con gli spettatori. “Heart it races”, “Do the whirlwind”, “It 5”, “Nothing’s wrong”, “Same old innocence”: questi sicuramente i pezzi che hanno infiammato e suggestionato di più la variopinta platea castelbuonese. La serata fila alla grande, e dopo 90 minuti e un bis, a repertorio ormai finito, se ne vorrebbe ancora, li si richiama sul palco, ma inutilmente. La serata è finita, è quasi l’una di notte, e l’adrenalina inizia a scemare. Si lascia spazio allo spettacolo pirotecnico di chiusura, e si inizia a defluire verso le aree di parcheggio e gli alloggi. Un grande merito va agli organizzatori del festival che hanno messo su questa magnifica iniziativa, che si spera possa portare in Trinacria gruppi sempre nuovi e validi anche nei prossimi anni. |