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Accusa di plagio per Il Codice Da Vinci di Mariacristina Giovannini Il Codice Da Vinci è uno dei romanzi di maggior successo di tutti i tempi. Ha venduto oltre 40 milioni di copie e, ancora oggi, a quattro anni dalla sua uscita, è primo in classifica in diversi paesi del mondo. La «Random House», casa editrice dell’autore del bestseller, Dan Brown, è stata chiamata a presentarsi dinanzi al Tribunale di Londra, per rispondere di una accusa di plagio. Secondo gli storici Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, autori del saggio The Holy Blood and the Holy Grale (uscito in Italia col titolo Il Santo Graal), il romanzo di Brown conterrebbe copia di trattazioni affrontate nel loro libro, pubblicato nel 1982, per la collana I tipi, sempre della «Random House». I tre storici accusano la casa editrice e l’autore di aver attinto in particolare dalla loro interpretazione della «storia di Gesù». Secondo questa interpretazione, Cristo non sarebbe morto sulla croce, ma avrebbe sposato la Maddalena, generato figli e, infine, sarebbe fuggito in Francia. Per tenere l’umanità all’oscuro di questa vicenda sarebbero poi nate le società segrete, in particolare il Priorato di Sion e i Templari. La Casa Editrice respinge in toto l’accusa, sostenendo che Il Codice Da Vinci è frutto dell’ispirazione che l’autore ha tratto da un insieme eterogeneo di fonti, non da una in particolare. E per suffragare questa tesi chiama a propria difesa lo stesso Brown. Nella sua deposizione, l’autore ammette di aver letto The Holy Blood and the Holy Grale, ma nega recisamente di avervi tratto l’idea del suo romanzo. Il tribunale inglese si trova dunque a dover stabilire entro quali limiti un autore possa avvalersi delle idee di altri autori e, quindi, quali siano i confini della cosiddetta ispirazione. Baigent, Leigh e Lincoln perdono la causa in primo grado. Nel processo di appello tentano di rovesciare la decisione del Giudice concentrando la linea di accusa sul fatto che sei capitoli del Codice Da Vinci ricalcano pedissequamente temi già affrontati nel loro saggio. Ma la teoria del Santo Graal ha una tradizione testuale antecedente allo stesso The Holy Blood and the Holy Grale, e gli autori non possono rivendicarne, in senso assoluto, la paternità. Il processo si conclude, dunque, con la piena assoluzione della «Random House» e di Dan Brown. Secondo la High Court londinese non c’è stato alcun plagio. E pur ammettendo la riconoscibilità di alcuni elementi del saggio firmato Baigent-Leigh-Lincoln, nel bestseller di Brown, il Giudice non ravvisa gli estremi di violazione della legge sul diritto d’autore. In Italia, il diritto d’autore è regolamentato dalla legge speciale 22 aprile 1941, n. 633 (e sue successive modificazioni). Tale legge istituisce la tutela delle opere dell’ingegno di carattere creativo, siano esse appartenenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, al cinema. La tutela consiste in una serie di diritti morali e di diritti patrimoniali. I diritti morali, assicurati dalla legge a difesa della personalità dell’autore, si conservano anche dopo la cessione dei diritti patrimoniali e non sono soggetti a termini legali di tutela. Rientrano nei diritti morali il diritto alla paternità dell’opera, il diritto all’integrità dell’opera e il diritto di pubblicazione. I diritti patrimoniali, invece, sono i diritti di utilizzazione economica dell’opera da parte dell’autore e consistono nel diritto di riproduzione, diritto di esecuzione, diritto di diffusione e diritto di elaborazione. Tali diritti possono essere acquistati, alienati o trasmessi in tutte le forme e i modi consentiti dalla legge. |